Beatrice Gigliuto – Due chiacchiere e qualche riflessione

Beatrice Gigliuto

Beatrice Gigliuto, in arte Red Lily, 37 anni, sangue siculo e residenza nella capitale.  Ama cucinare, crescere cani brutti, tenere le mani e la mente in movimento. Impossibile non notare il carattere  rigido che alberga in un corpo morbido e la necessità insistente di fare che la contraddistingue, come donna e organizzatrice.
Social media manager, esperta di Food&Beverage e di Bondage, queste le sue identità lavorative. Ha una scuola di bondage (Ritual Lab), è direttore artistico di Rome Bondage Week, l’unico festival di bondage d’Italia e da poco gestisce Shibari House, il neonato progetto romano. Nel resto del tempo fa spettacoli, lega a destra e a manca e insegna.

Beatrice, raccontaci qualcosa di te. Quando hai cominciato a frequentare la comunità BDSM?
Avevo 26 anni e vidi lo show di un rigger allora abbastanza noto nella scena romana. Rimasi molto colpita ma titubante, il caso volle che incontrassi un’altra volta quel rigger e la sua modella e che avessi l’occasione di capire un poco meglio il bdsm. Da lì un percorso di anni, prima come sub per qualche mese e poi come dom ma soprattutto come curiosa e desiderosa conoscitrice di tutto ciò che riguarda la sperimentazione fisica delle emozioni. Le corde sono certamente state da subito il mio grande amore, mi hanno insegnato a esprimermi e a liberarmi della mia atavica timidezza.

Organizzi la Rome Bondage Week, collabori con il Torture Garden nell’edizione romana, adesso apri uno spazio dedicato alle corde. Che cosa significa per te essere un’organizzatrice di eventi BDSM? Perché hai deciso di farlo? Come mai hai deciso di aprire uno spazio? Qual è la filosofia dietro a questa scelta? A chi sono rivolti gli eventi che organizzi?
Quante domande importanti. Andiamo con ordine (sono un pochino ossessivo/compulsiva, eh).
Credo che organizzare cose dia soddisfazione alla mia parte dominante. In generale mi piace mettere le mie capacità a servizio di chi può goderne e ricevere indietro la riconoscenza di chi vede che ti sei fatto in quattro per dare il meglio, d’altro canto organizzare mi permette di dare una direzione, di guidare l’ambiente nel quale mi muovo in una direzione che mi interessa.

Rome Bondage Week prima e Shibari House dopo sono proprio questo, un mezzo per indicare un percorso differente, più aperto e limpido, più queer e orizzontale rispetto a quello che vedo normalmente intorno a me. 
I miei eventi sono rivolti a tutti. Mi muovo trasversalmente negli stili e nelle discipline ma anche nei ruoli, nel genere. Certamente i miei spazi sono queer friendly, con una volontà forte di uscire dallo stereotipo che vede l’uomo che lega la donna. Per me esistono umani che legano e si lasciano legare da altri umani. Il resto è di poco conto.

Ti faccio una domanda che fanno sempre a me: il fatto che tu sia una donna ha avuto qualche influenza sul tuo operato nel mondo BDSM? 
Sì. Nel bene e nel male. 
Parliamo prima del lato positivo. Ero una ragazza giovane e graziosa che legava in un mondo nel quale legavano solo gli uomini. Ero una mosca bianca e sono diventata “famosa” subito. Ancora prima di essere capace di legare veramente, ancora prima di avere capito come esprimermi. 
Ho avuto la strada spianata dove altri rigger facevano gran fatica a farsi notare.

D’altro canto i miei colleghi mi hanno marginalizzata, addirittura boicottata. Sono stata considerata l’assistente del mio ex socio per tanti anni e oggi, a cinque anni dalla chiusura di quell’esperienza personale e lavorativa, ancora la gente mi assimila a lui. Spesso, dopo la chiusura di quel rapporto, altre figure maschili di riferimento mi hanno chiesto di diventare la loro “assistente”. Come se in questa comunità, come nel mondo la fuori, fosse strano che una donna si ritenesse idonea a camminare da sola. Ammetto, però, che questa voglia di ridimensionarmi è stata la più grande spinta alla mia ricerca, allo studio, alla crescita. Perché ho voluto meritarmi ogni attenzione ricevuta e ho voluto mostrare superiorità per ogni attacco. Con i fatti e senza parole.

Rigger donne ne vediamo poche (e siamo ancora meno a esporci e metterci la faccia). Vediamo anche pochi rope bottom uomini. Per non parlare delle persone gender fluid. In Italia non siamo ancora molto abituati, forse. Secondo te come mai? 
La comunità bdsm è ancora fortemente dominata dagli uomini, forse ancora più che il mondo esterno. Questo la rende, sfortunatamente poco attraente per la comunità queer e gender fluid. Faccio spesso un esempio che per me chiarisce le cose. La comunità bdsm è piena di bisessuali. I bisessuali sono tutte donne, molte delle quali  praticano la loro bisessualità solo in presenza di un uomo. Questo ci rende lontani dalle comunità gay e queer. Certo negli ultimi anni qualcosa sta cambiando, ci sono gruppi più queer friendly che stanno apportando modifiche sostanziali alla comunità. 

C’è un’occasione in particolare, legata agli eventi, che ti ha fatto riflettere su argomenti per te importanti? Se sì ce la racconti?
Ce ne sono due che raccontano due argomenti totalmente differenti. La prima è un’esperienza emotivamente dolorosissima come top durante un evento. Ho legato una sconosciuta e sono stata emotivamente malissimo, ho fatto fatica a portare a termine la legatura per le emozioni negative che stavo vivendo e dopo ho avuto un pianto violento e una sensazione di abuso potente. Questo mi ha molto fatto pensare al consenso, alla gestione emotiva del top, a quanto sia sottovalutata la cura e l’aftercare nel senso condiviso. Ci si prende sempre cura di chi sceglie di stare sotto e, a volte, è come se chi si pone come dominante fosse solo una mano che lega o colpisce, come se fosse senza anima. 

Il secondo ricordo importante è la reazione di una coppia di ragazzi gay a un mio show. Alla fine della performance con una mia modella si sono avvicinati e con imbarazzo mi hanno comunicato che si erano trovati entrambi fisicamente e mentalmente eccitati da “due persone che non fanno sesso! Due donne, tra l’altro”. E questo mi ha fatto pensare a quanto il potere erotico della comunicazione profonda sia trasversale e scevro da schematiche di genere, se ti liberi dal preconcetto.

Hai fatto delle esperienze che ti hanno cambiato la vita? Come? 
Beh. La mia vita è stata (e conoscendomi sarà) un percorso articolato. Certamente una relazione abusante molto lunga mi ha messa in condizione di ragionare fortemente su me stessa e su quanto io fossi disposta a sopportare solamente per non dimostrarmi fragile nel cedere. Capire che ero fallibile e fragile mi ha resa estremamente forte e consapevole. Cosciente di quali sono le tecniche manipolatorie che funzionano con me. Una di queste è la solitudine. Per questo ho scelto di fare da sola il cammino di Santiago, ad esempio, ma anche viaggiare frequentemente solo con il mio zaino. Costringermi a stare da sola, a soffrire la mia solitudine, mi ha resa impermeabile alla minaccia di abbandono, cambiando me e la mia vita.

Come ti vedi e come vedi la scena tra 10 anni? 
Mi vedo come una gran milf. Scherzi a parte. Non ne ho idea, sono così diversa da dieci anni fa che non vedo l’ora di vedere che sarà di me tra dieci anni. Probabilmente sarò meno centrale nella scena, e forse avrò smesso di fare show. Penso che insegnerò e organizzerò ancora, sperando di non prendere l’aspetto e l’ego dei guru agè che bazzicano la comunità in questi anni. 
Spero, tra 10 anni , di essere antica perché questo significherebbe una comunità in evoluzione, magari molto queer, switch e sorridente, senza questo prendersi troppo seriamente tipico del bdsm storico. Tornerò forse tra 40 anni, quando sarò un’anziana arzilla che lega la gente, per rimuovere l’ultimo taboo della nostra comunità, quello della bellezza a tutti i costi.

Voglio ringraziare davvero Beatrice Gigliuto per essersi raccontata e per aver tirato fuori temi ai quali tengo molto. Quando le ho chiesto di fare questa intervista sapevo che stavo parlando con la persona giusta. Beatrice ha inaugurato da poco la Shibari House a Roma. Se avete voglia di andare a curiosare sono sicura che vi accoglierà a braccia aperte.