Inside porn – Il porno che ci piace

Il tema del porno è piuttosto controverso. Parliamo molto di come la fruizione della pornografia influenzi il nostro immaginario erotico, parliamo meno dello sfruttamento degli attori. Esiste anche un porno bello, positivo, e in Italia ci sono diversi festival che se ne occupano. Oggi parliamo con il collettivo Inside Porn, organizzatore di uno di questi festival.

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Ciao Inside Porn. Parlateci di voi. Chi siete? Che fate?

Ciao Alitihia. Noi siamo le socie fondatrici di Inside Porn, un collettivo che si occupa di ricerca e promozione della pornografia. Siamo tre donne e amiche e nel resto della nostra vita lavoriamo tutte e tre, con ruoli diversi, nel settore audiovisivo. Ci siamo conosciute all’Università, durante i nostri anni di triennale al DAMS di Bologna, luogo dove abbiamo cominciato a parlare di pornografia, prima in forma privata poi pubblicamente avviando una ricerca etnosemiotica sul tema. 

Perché il porno?

La pornografia è sempre stata un nostro interesse, anche se inizialmente – complice sicuramente il nostro percorso di studi – eravamo più dedicate alle possibili declinazioni della sessualità all’interno delle arti visive e performative. Ci riferiamo, per fare un esempio, a tutto quel filone della body art che ha dato spazio al corpo – nudo non più vestito – e alla messa in scena della sessualità (pensiamo ai famosi Vagina Panting di Shigeko Kubota o alle prime perfomance di Marina Abramovic e di Ulay, come quella in cui il pubblico era “costretto” a passare tra i loro due corpi nudi obbligati ad un contatto diretto con qualcosa che normalmente è fortemente mediato).

L’occasione che ci ha portate a incentrare la ricerca sulla una pornografia audiovisiva contemporanea è sicuramente mentre frequentavamo il Laboratorio di Etnosemiotica, luogo dove gli studenti erano incoraggiati a presentare i propri dubbi affinché ne potessero nascere dibattiti costruttivi. Un compagno di Laboratorio, conoscendo il nostro malcelato interesse per la materia, ci propose di presentarci il suo coinquilino dell’epoca che di mestiere faceva proprio il pornoattore.

Raul Costa fu il primo che intervistammo di una lunga serie di performer, registi, produttori e distributori pornografici. Ci fu subito chiaro che non ci interessava tanto indagare il prodotto pornografico quanto invece studiarne l’ambiente di produzione: conoscendo chi il porno effettivamente lo crea e lo distribuisce. Abbiamo quindi condotto una vera e propria ricerca accademica che ci ha portate a frequentare un buon numero di festival Nazionali ed Internazionali, permettendoci di avere un’ottima rete di contatti che poi si è rivelata essenziale in seguito.

Nel 2017, stanche della formalità dell’ambiente accademico che trovavamo tanto stimolante quanto restrittivo, abbiamo deciso di esportare il nostro discorso fuori dall’Università verso un pubblico più vasto: quello che interessava era permettere la visione del porno in contesti diversi da quello privato e domestico, inserirlo all’interno di una cornice culturalmente valida in modo da poter scardinare i tabù sociali e fornire il nostro contributo ad una ricerca di un modo più sex positive.

Pensate che il porno possa aiutare a parlare di una sessualità positiva? Come?

Siamo fermamente convinte che il porno possa aiutare a parlare di una sessualità positiva. Questa nostra convinzione è anche uno dei motivi che ci ha avvicinate alla pornografia, sicuramente il motivo è il motivo che ci ha spinto a fare del nostro interesse una questione pubblica.

Il porno è d’aiuto alla divulgazione di una sessualità positiva in moltissimi modi: il primo è il suo essere un ottimo strumento per rompere il ghiaccio. Cosa volete che sia parlare di sesso in un contesto pubblico dopo che si è appena visto un amplesso sessuale in tutta la sua maestosità su uno schermo di 16 metri? Inoltre normalmente fruiamo del porno secondo i nostri gusti personali, finendo incasellati in quelle odiose categorie che tentano di sintetizzare, anzi di semplificare, la sessualità. Ma se si vede un porno in un contesto pubblico si è portati a vedere, e quindi in un certo senso ad accettarne l’esistenza, sessualità ed immaginari anche molto distanti dal nostro.

Questo, secondo noi, favorisce l’inclusività e non può che essere un bene per noi e il nostro pubblico. Noi stesse ci rendiamo conto di come il nostro approcciarsi a queste tematiche, seppur già abbastanza libero in partenza, non sia diventato sempre più naturale e positivo dopo questi anni di pornoattivismo.

A chi sono rivolti gli eventi che organizzate, qual è il vostro target?

Generalmente i nostri eventi sono pensati per un pubblico piuttosto ampio. Sicuramente possiamo affermare che dipende molto dallo spazio dove si svolge l’evento. Le nostre rassegne si sono tenute per i primi anni al Loft Kinodromo, lo spazio di un’associazione molto conosciuta a Bologna che promuove il cinema indipendente, quindi il pubblico era composto principalmente da studenti universitari e persone del settore cinematografico. L’anno scorso abbiamo organizzato una proiezione al Cassero, centro della comunità LGBTI, e ci siamo quindi confrontate con un pubblico differente.

Questo è stato determinante nello svolgersi del dibattito: rispetto al nostro primo pubblico, che poneva l’attenzione soprattutto sull’autorialità dei prodotti che mostravamo, al Cassero il dibattito è stato molto più politico e concentrato sul contenuto e il messaggio che i cortometraggi veicolavano. Cerchiamo sempre di strutturare le nostre serate in modo che siano aperte a tutti, includendo sia chi ha già avviato un percorso personale intorno all’argomento e sia chi invece è solo curioso. Grazie ai social ci siamo resi conto che la fetta più grossa del nostro pubblico è di genere misto e nella fascia dei 20-35 ma con piacevoli eccezioni.

Che risposta di pubblico avete avuto?

Sin dal primo evento abbiamo avuto una risposta molto positiva. Inizialmente, l’affluenza era molta ma c’era ancora un po’ di timidezza nel prendere parte al dibattito dopo la proiezione. Poi con il passare degli eventi e la costruzione di un pubblico c’è stata una maggiore apertura e alla fine si è creato il dialogo che speravamo. Abbiamo ricevuto molti complimenti, critiche costruttive e suggerimenti. Ci è servito molto ricevere feedback sui contenuti e sui cortometraggi che abbiamo proposto nel corso degli anni.

Per esempio, alla prima edizione di Ce l’ho Porno (uno dei nostri format, rassegne di cortometraggi in collaborazione con alcuni festival erotici e pornografici) non sapevamo esattamente chi sarebbe venuto al nostro evento e quindi ci siamo tenute molto sul soft. Alla fine della serata molti ci hanno fatto notare che potevamo spingere molto di più e da quella volta in poi ci siamo sbizzarrite molto nella scelta dei contenuti.

In questi anni di attività avete subito critiche pesanti, ci sono stati episodi spiacevoli?

Come gruppo non ricordiamo di episodi particolarmente spiacevoli, cerchiamo di prendere le critiche in maniera costruttiva, integrandole all’interno di un percorso di crescita. Ci è capitato qualche leone da tastiera nel momento in cui abbiamo promosso eventi con personalità di spicco nell’ambiente pornografico, ma su queste cose ci ridiamo sopra e non ci facciamo abbattere.

Arianna: Personalmente io ho dovuto combattere molto con mia madre, che quando ha scoperto che avevo iniziato questo percorso l’ha presa malissimo. Lei è molto cattolica e di conseguenza inizialmente non l’ha accettato, criticandomi molto e non riconoscendo il mio lavoro (considerando che mi ero laureata con una tesi sul porno, per me è stato molto pesante non avere il suo appoggio come genitore). Tuttavia questo tipo di confronto è stato utilissimo: alla fine noi come Inside Porn ci troviamo spesso a discutere di sessualità e pornografia in ambienti molto protetti, dove tendenzialmente le persone hanno una visione molto simile alla nostra.

Io mi sono scontrata invece con quello spaccato di società che invece non accetta questo tipo di discorsi, che considera la pornografia pericolosa e malsana e guarda alla sessualità in modo conservatore e puritano. Instaurare un dialogo con mia madre è stato complesso (e a tratti doloroso) ma alla fine sono riuscita a spiegarle la legittimità della pornografia e dell’attività di Inside Porn.

Di contro, ci raccontate la vostra più grande soddisfazione?

Domandona difficile, di soddisfazioni ce ne sono state tantissime, dal vedere una sala piena all’uscire su una testata importante. Una delle più grandi è stata tenere una conferenza stampa nella sede del Comune di Bologna e parlare della sezione porno da noi curata durante il Ce l’ho Corto Film Festival. Crediamo sia stato un momento importante, parlare del nostro progetto in uno spazio estremamente istituzionale, fuori dal circuito più informale dei nostri eventi. Però siamo delle romanticone e ricorderemo per sempre il nostro primo evento: c’era tantissima gente ed era la prima volta che parlavamo in pubblico. Eravamo letteralmente terrorizzate e ci tremavano le mani e la voce. Però ce l’abbiamo fatta, l’evento è stato un successo e non ci aspettavamo tutto quell’entusiasmo. Abbiamo capito che stavamo facendo la cosa giusta ed è stato un momento di consapevolezza bellissimo.

Avete fatto esperienze, relative alla vostra attività, che vi hanno cambiato la vita?

Lavorare con la sessualità richiede necessariamente una riflessione sulla propria,  quindi sì ci siamo sicuramente messe in discussione, in modi magari diversi, chi in maniera più diretta chi in maniera più intellettuale. Crediamo che per poter parlare e discutere di pornografia e di sesso in maniera pubblica noi stesse dobbiamo essere le prime ad aprirci e non vergognarci, parlarne liberamente creando in questo modo uno spazio sicuro e libero da ogni pregiudizio.

Maria Giulia: Per me una delle esperienze più rivoluzionarie è stato partecipare al “Sex Positive Corner” dei Rosario Gallardo, una via di mezzo tra un’orgia con un mare di buon senso, un privè di una discoteca piena di nuovi e vecchi amici e una lezione su come stare al mondo (insieme e in serenità) tenuta dalla Regina di casa. Ognuno poteva esprimere la propria sessualità come meglio credeva, nel costante rispetto reciproco, o semplicemente restare a guardare.

Per me è stata un’esperienza incredibile, mi ha fatto rivalutare il futuro dell’uomo ahahahah forse possiamo ancora salvarci tutti, basterebbe fare più sesso sano!

Come vi vedete e come vedete il porno tra 10 anni?

Sarebbe bello rispondere che ci auguriamo che tra 10 anni non sia più necessario il nostro lavoro, ma temiamo fortemente che non sia così quindi ci auguriamo di continuare in quello che facciamo migliorandoci sempre di più, unendo più forze possibili.

Il porno tra 10 anni? Ancora più plurale ed inclusivo, interattivo (basti pensare ai primi esperimenti con la realtà aumentata) e sicuramente troverà altre forme per esprimersi. Diciamocelo, il porno non morirà mai!